IL DESIDERIO DEL CAMALEONTE

camaleonte

 

Il desiderio del camaleonte

 

Questo libro nasce da una lunga esperienza di lavoro nella scuola primaria, attraverso la quale si è compreso che i bambini hanno bisogno di sentirsi raccontare la vita e di essere ascoltati mentre raccontano come la stanno affrontando. Essi sanno che cosa sia il dialogo. Spesso siamo noi adulti, presi dalla fretta di  ompletare i programmi ministeriali o di tornare presto a casa, a dimenticarlo.

Non c’è altra via per fare filosofia con i bambini che parlare con loro di tutti i problemi e le gioie che la vita ci pone innanzi. Non occorre creare edulcoranti per indorare la pillola, non occorre mentire quando un nonno muore, dicendo che è partito per delle vacanze, dalle quali non tornerà più. I bambini vogliono la verità, per sentire che possono sempre contare su di noi, noi che non siamo infallibili o super uomini, ma semplici viaggiatori e che, come loro e con loro, stiamo cercando la nostra strada; noi che siamo mortali, non comportiamoci da “eterni”.

Il dialogo tra generazioni non può essere interrotto, ogni bravo insegnante sa come fare: sa creare i propri percorsi didattici e pedagogici; sa che non può improvvisare e che deve sperimentaresempre nuove strategie. Ogni buon insegnante non smette mai di leggere, di studiare e di osservare, di desiderare. Ogni buon insegnante è sulla strada, e lì resterà per sempre. Ogni buon maestro, come ci dice Carla Melazzini, sa che “insegnare significa dare significato alla parola (e a tutte le attività che se ne servono). Se il significato, per essere tale, deve essere condiviso da insegnante e alunno, ne deriva il corollario della reciprocità, nella relazione personale come nella didattica:

che significa accogliere i silenzi, i veti, ma anche gli indizi, i suggerimenti, gli orientamenti da parte degli alunni, pena la perdita, appunto, della significanza” Ogni percorso didattico deve tenere conto del contesto: non si può insegnare a Milano come si insegna a Reggio Calabria, non si può insegnare a Collegno come si insegna a Sant’Eufemia D’Aspromonte. Il contesto, quindi la storia dei luoghi, i vissuti degli alunni, la conformazione geografica dei territori, sono indizî da tenere in conto quando si stende un piano annuale delle attività didattiche. Occorre adeguare il proprio metodo, e i contenuti, ai propri studenti.

L’insegnamento standard è un fallimento. L’insegnante che non ha duttilità, non è un buon insegnante. Chi non ascolta l’ambiente dell’alunno non potrà ascoltare l’alunno e le sue domande. Ascoltare una domanda significa per prima cosa darle credito, fidarsi del sapore di promessa che la accompagna2.

Le storie del Camaleonte vogliono essere solo un esempio di come iniziare un percorso dialettico-filosofico con i propri allievi, per affrontare la vita e le sue “sorprese”; non si vogliono né si possono suggerire percorsi già strutturati, perché ogni insegnante deve trovare i propri, giacché ogni classe di alunni è un delicato equilibrio di coscienze e desideri, irripetibile e in evoluzione. La didattica non è una scienza positiva, perché non ha a che fare con oggetti immobili e immutabili. La didattica è una pratica sperimentale, che si occupa di condividere esperienze e trasformare un sapere statico in energia dinamica… in desiderio…