RECENSIONE DI ANGELA AMBROSOLI

SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO

Torino  11/12 maggio 2007 

“Abadir” Iiriti Editore Reggio Calabria dicembre 2006

L’epigrafe del libro recita “ La poesia/ è un respirare in pace/ perché gli altri respirino”, ma la poesia di Francesco Idotta è pervasa da un’idea del mondo contemporaneo turbato da fenomeni di complessità e di globalizzazione, negativi per la convivenza dei popoli e per la vita stessa dell’umanità. E questa idea attraversa le tre sezioni della raccolta: in modo più diretto e strutturalmente lineare nella prima, via via sempre meno accessibile alla comprensione immediata nelle altre. ( v. pag 16, 18, 19)

In “Bambino”, la prima delle tre sezioni che hanno titoli accattivanti, e misteriosi a primo impatto, Idotta , da appassionato pedagogista qual è, in punta di piedi, mostra le crudeltà del mondo agli occhi innocenti del bambino che, accompagnato dal maestro, impara ad affrontare la vita.

“Abadir” è la sezione dedicata, con termine dotto e inesorabile paragone, al coraggio delle donne, delle madri principalmente, di tutte le madri, che diventano esperte di inganni e di crudeltà se si tratta di difendere i propri figli: come Rea l’antica madre del mito. Spiega infatti lo stesso Autore, Abadir è la pietra che la moglie di Cronos diede da mangiare al dio, come fosse il figlio appena partorito, per salvarlo dal padre che eliminava i figli divorandoli appena nati perché, da una profezia, aveva saputo che un giorno sarebbe stato spodestato proprio da un giovane da lui generato.

Nella terza sezione della raccolta, dal titolo significativo “Scirocco”, un’inquietudine diffusa suggerisce ai versi atmosfere che hanno, qua e là, un certo non so che di “disperato”, con cui la profonda sensibilità del poeta registra la sua impotenza a cambiare tanti aspetti inaccettabili del mondo contemporaneo. È il fascino un po’ malinconico dello spleen, che Idotta identifica nello “scirocco”, il fenomeno atmosferico tutto meridionale, che traduce bene uno stato d’animo confuso, annebbiato dalla stanchezza di fronte alla complessità difficile da dominare( pagg 62,69)

Spesso allora una sintassi contratta  attraversa un’astrattezza di pensiero misurata su linguaggio denso e criptico, che pure risale a situazioni concrete e a sentimenti sofferti (pagg. 69, 73, 78 ); e versi duri scolpiscono con lucida spietatezza il male di una umanità che calpesta ogni ideale. Ma , talvolta, dal suo spartito più segreto, il poeta trae note dolcissime a scandire l’altalena del cuore che insegue l’amore, il sentimento principe per ogni creatura e che, in F. Idotta, ha declinazioni delicate e toni soffusi inaspettati.

Angela Ambrosoli